A cura di Francesco Gallo

Alfred Milot Mirashi è un simbolo del nomadismo contemporaneo, nella sua pittura si trovano le tracce, i frammenti di tutte le sue esperienze conoscitive, che per distillazione sono diventate la ricchezza della sua tavolozza, dandole tutte quelle coloriture e quelle sfumature che ne fanno un bell’esempio di sintesi aperta alla nuove, future, esperienze, che si aprono continuamente al suo orizzonte, facendo diventare un’opera aperta, il cui destino è mobile, sia al suo interno che nella sua collocazione esteriore. Il suo è un continuo passaggio dal monologo interiore a quello esteriore, non scevro da contaminazioni classiche che vengono dal suo mitico Epiro e trasbordano nella sua esperienza italiana, che si è fatta, per lui, supplemento di stile, aggiunta ad una pienezza, non in termini decorativi,ma profondi e strutturali, facendone una delle personalità più creative della sua generazione.
Libertà di gesto, pennellata astrattiva e meticolosità del disegno si coniugano in ognuna delle sue opere, dandoci una saggistica estesa della sua capacità di elaborazione, che è tipicamente moderna, in quanto trasmigratrice di contesti e codici, facendone la materia prima di una sua invisibile personalità matrice, alle cui fonti si abbeverano i suoi dipinti, di cui si spiega, così, la capacità di lasciare impronte la cui conoscibilità ci permette di conoscere il percorso, ma lascia impregiudicato l’enigma della meta.